sabato 9 giugno 2012

Nessuno mi dà un lavoro...(livello avanzato, congiuntivo presente)


Forme:
CONGIUNTIVO PRESENTE
lavor-are ved-ere dorm-ire
che io lavor-i che io ved-a che io dorm-a
che tu lavor-i che tu ved-a che tu dorm-a
che lui lavor-i che lui ved-a che lui dorm-a
che noi lavor-iamo che noi ved-iamo che noi dorm-iamo
che voi lavor-iate che voi ved-iate che voi dorm-iate
che loro lavor-ino che loro ved-ano che loro dorm-ano
Quando si usa?
  1. Dopo verbi o espressioni che esprimono sentimento, come: piacere, dispiacere, avere paura, temere, sperare, essere felice, ecc.
Esempio: Mi dispiace che tu non si contento.
  1. Dopo verbi o espressioni che esprimono opinione, come: credere, pensare, ritenere, ecc.
Esempio: Credo che Luca sia innamorato...
  1. Dopo verbi o espressioni che esprimono volontà, come: volere, desiderare, preferire, ecc.
Esempio: Voglio che tu sia contento.
  1. Dopo verbi o espressioni che esprimono dubbio, come: dubitare, non essere sicuro, non essere certo, ecc.
Esempio: Dubito che tu abbia studiato per l’esame: non sai niente...
  1. Dopo verbi o espressioni impersonali, come: bisogna, conviene, sembra, si dice, è meglio, ecc.
Esempio: Bisogna che tu segua una dieta più sana.
Prova a scrivere un paio di esempi per tutti i casi citati:
  1. ___________________________________________________________________
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  9. ___________________________________________________________________
  10. ___________________________________________________________________

Nessuno mi dà un lavoro solo perché porto il velo

Ho 25 anni, sono laureata e mi sento milanese: ma ho scoperto
che in questa città  è impossibile trovare qualcuno che mi assuma
di SAMA ALAA
Caro direttore, mi chiamo Sama, sono nata in Egitto ma mi sento ‘milanese’ perché abito in questa città da quando avevo 16 anni, qui ci sono i miei affetti, il mio futuro. Eppure, in questa città che sento mia, per me, ragazza di 25 anni, laureata in Scienze Politiche alla Statale, è impossibile trovare lavoro. Quando sono fuori casa, indosso il velo islamico, lo ‘hijab’, un fazzoletto annodato al collo che lascia completamente scoperto il mio volto. È una tradizione che ho portato dal mio Paese e che fa parte della mia fede religiosa. Nessuno me lo impone, è una scelta personale che la mia famiglia rispetta, avendomi trasmesso i valori della libertà, del rispetto e dell’onestà. Eppure, proprio per il velo islamico che indosso, superare un colloquio di lavoro è un’impresa ardua.

Come molti miei coetanei passo molto tempo a leggere le inserzioni sui giornali e a navigare in Internet per trovare opportunità di lavoro. Ho fatto decine e decine di telefonate e molto spesso ho poi concordato appuntamenti con chi offriva stages per praticanti. Ma ogni volta, dopo un iniziale interesse manifestato al telefono da parte dei miei interlocutori per il mio curriculum, ho dovuto confrontarmi con la freddezza e l’imbarazzo palpabile di chi si trovava di fronte una ragazza velata, come me.

La settimana scorsa ho sostenuto un colloquio per un progetto formativo del Comune di Milano presso la sede di via Bergognone del settore ‘Risorse umane’. Avevo letto sul sito del Comune che c’era possibilità di partecipare a un tirocinio chiamato ‘Dote Comune’ realizzato per giovani fra 18 e 30 anni. In sostanza, il Comune offre a 12 persone la possibilità di partecipare a un tirocinio, presso alcuni sportelli pubblici, con un impegno settimanale di 20 ore e un rimborso spese forfetario di 300 euro mensili. Come altri ragazzi mi sono presentata per il colloquio, dopo aver spiegato i miei titoli di studio. Ma a differenza di altre mie amiche che hanno fatto lo stesso colloquio, ho subito percepito che il mio velo sarebbe stato d’ostacolo.

La funzionaria che ho incontrato mi ha fatto diverse domande per farmi spiegare i motivi per cui lo porto e mi ha spiegato che lavorando in un ufficio pubblico, lo ‘hijab’ avrebbe potuto essere un problema. Le stesse osservazioni che mi erano state fatte in un precedente colloquio per un posto da mediatrice culturale. Le stesse frasi che tante altre volte ho dovuto ascoltare, presentandomi per un colloquio di lavoro in negozi e uffici privati. Inutile dire che pochi giorni fa ho verificato di non aver ottenuto quel posto da tirocinante presso il Comune.

Non saprò mai se il motivo sia stato il velo che porto, ufficialmente non mi è stato detto niente in proposito, anche se lo scetticismo di chi mi ha fatto il colloquio era più che evidente. Un’idea sulle ragioni per cui non sono stata selezionata, quindi, me la sono fatta, dopo l’interrogatorio che ho subito sul velo islamico che porto. Ora io mi domando: è questa la sorte scontata per chi, come me, vivendo a Milano, pur venendo dall’Egitto ed essendo di fede musulmana, non si sente straniera? Sono cresciuta nella vostra cultura anche se indosso il velo: quanto a lungo dovrò restare disoccupata? Dovrò rinunciare a un mio modo di sentire e di essere per poter sperare di essere considerata come tutti gli altri giovani laureati milanesi?

Rispondi alle seguenti domande:

1) Dov’è nata Sama? _ _ _ 
2) Da quanto tempo Sama vive in Italia? _ _ _ 
3) Che studi ha fatto Sama? _ _ _ 
4) Che religione professa Sama? _ _ _ 
5) Che tipo di difficoltà ha incontrato Sama in Italia? _ _ _ 
USA IL CONGIUNTIVO!
6) Che cosa pensi della storia di Sama? 
7) Che cosa pensi dell’uso del velo in un paese non musulmano?
8) Che cosa pensi sia la soluzione migliore in questo tipo di situazioni?
Scrivi un breve riassunto del testo letto ed esprimi le tue opinioni a riguardo.

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