lunedì 13 maggio 2013

Gli austeri, listening exercise


Report: PUNTATA DEL 12/05/2013
GLI AUSTERI
Ascolta la seguente trasmissione:
http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-7b27789d-f3f0-4ed6-b7da-32171faa9573.html?refresh_ce

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Domande sull’ascolto (primi 10 minuti):
  1. Quando paga la scuola in caso di supplenza? 
  2. Che storia racconta John Maynard Keynes quando gli chiedono da dove proviene il denaro?
  3. Come si misura la ricchezza?
  4. Chi viene chiamato inoccupabile?
  5. 2 marzo 2012: che cosa di decide a Bruxelles?
  6. Chi sono gli economisti sgomenti?
  7. Che tipo di manovra c’è stato nel 2012?
  8. Che cosa causa il calo della clientela a Milano?
  9. Perché le imprese non riescono a restituire i soldi che chiedono alle banche?
  10. Che cosa causa, a lungo termine, per un’azienza non fare investimento?

sabato 4 maggio 2013

La coscienza di Zeno (testo e audio)


ITALO SVEVO



Italo Svevo (1861-1928) è lo pseudonimo scelto da Ettore Schmitz, nato a Trieste, di origine tedesca da parte del padre e italiana da parte della madre.
Per Svevo, un prospero uomo d’affari, la letteratura ha rappresentato un passatempo; la sua vita è rimasta saldamente ancorata al suo lavoro, alla sua esistenza borghese e alle sue abitudini.
Svevo ha iniziato a scrivere nell’ultimo decennio dell’Ottocento e ha pubblicato due romanzi il cui tema è l’inettitudine, la mancanza di volontà dei protagonisti. I due romanzi sono passati inosservati dalla critica e dal pubblico. Dopo circa vent’anni, negli anni che seguono la prima guerra mondiale, Svevo scrive un nuovo romanzo, La Coscienza di Zeno (1923), un libro che rappresenta una nuova direzione nella letteratura italiana e che, grazie all’introduzione di James Joyce conosciuto da Svevo a Trieste, riceve positivi consensi dalla critica letteraria francese. In Italia, invece, la novità della forma, lo stile colloquiale e la scarsa conoscenza dell’opera di Freud, ritardano il pieno riconoscimento dell’opera.

Il romanzo assume la forma di autoanalisi che uno psicoanalista consiglia di scrivere a un suo futuro paziente: Zeno Cosini. Zeno si presenta dunque come il narratore e il protagonista delle vicende narrate. Nel libro scompare l’ordine cronologico e la narrazione si incentra su sei episodi del passato che il narratore giudica centrali, mescolati ad episodi della sua vita presente. L’intreccio si compone di verità obiettive interpretate tuttavia da un punto di vista soggettivo che si contraddice e si nega a tal punto da confondere ogni possibile giudizio. Zeno è un personaggio antitragico e antieroico, anzi comico nelle sue eterne contraddizioni. Tuttavia dalla narrazione risulta che il protagonista, che si crede costantemente ammalato, confessa di essere un individuo distratto, senza volontà e fondamentalmente inetto che durante la sua vita ha sempre preso la decisione più conveniente per se stesso.
Alla fine della narrazione il romanzo si trasforma in un diario in cui Zeno annota impressioni e commenti alla fine della prima guerra mondiale. È ormai convinto di non essere ammalato e decide di sospendere la terapia psicoanalitica. Conclude affermando che la vera malattia è la vita, malattia comune e sempre mortale, e che l’unico rimedio consiste nel rinunciare alle certezze e coltivare l’autoanalisi e l’ironia.
Domande:
1) Ettore Svevo era italiano?
  1. Quando cominciano ad essere riconosciute dalla critica le opere di Svevo?
  2. Per quale motivo il valore dell’opera “La coscienza di Zeno” tarda ad essere compreso in Italia?
  3. Com’è il carattere di Zeno Cosini?

LEGGI IL SEGUENTE TESTO TRATTO DA "LA COSCIENZA DI ZENO"
Testo completo:
http://www.liberliber.it/libri/s/svevo/index.php

IF YOU CAN"T OPEN IT GO TO:
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IL FUMO
Il  dottore al quale ne parlai mi disse d’iniziare il mio lavoro con un’analisi storica della mia propensione al fumo:
– Scriva! Scriva! Vedrà come arriverà a vedersi intero.
Credo che del fumo posso scrivere qui al mio tavolo senz’andar a sognare su quella poltrona. Non so come cominciare e invoco l’assistenza delle sigarette tutte tanto somiglianti a quella che ho in mano.
Oggi scopro subito qualche cosa che più non ricordavo. Le prime sigarette ch’io fumai non esistono più in commercio. Intorno al ’70 se ne avevano in Austria di quelle che venivano vendute in scatoline di cartone munite del marchio dell’aquila bicipite. Ecco: attorno a una di quelle scatole s’aggruppano subito varie persone con qualche loro tratto, sufficiente per suggerirmene il nome, non bastevole però a commovermi per l’impensato incontro. Tento di ottenere di più e vado alla poltrona: le persone sbiadiscono e al loro posto si mettono dei buffoni che mi deridono. Ritorno sconfortato al tavolo.
Una delle figure, dalla voce un po’ roca, era Giuseppe, un giovinetto della stessa mia età, e l’altra, mio fratello, di un anno di me più giovine e morto tanti anni or sono. Pare che Giuseppe ricevesse molto denaro dal padre suo e ci regalasse di quelle sigarette. Ma sono certo che ne offriva di più a mio fratello che a me. Donde la necessità in cui mi trovai di procurarmene da me delle altre. Così avvenne che rubai. D’estate mio padre abbandonava su una sedia nel tinello il suo panciotto nel cui taschino si trovavano sempre degli spiccioli: mi procuravo i dieci soldi occorrenti per acquistare la preziosa scatoletta e fumavo una dopo l’altra le dieci sigarette che conteneva, per non conservare a lungo il compromettente frutto del furto.
Tutto ciò giaceva nella mia coscienza a portata di mano. Risorge solo ora perché non sapevo prima che potesse avere importanza. Ecco che ho registrata l’origine della sozza abitudine e (chissà?) forse ne sono già guarito. Perciò, per provare, accendo un’ultima sigaretta e forse la getterò via subito, disgustato.

Poi ricordo che un giorno mio padre mi sorprese col suo panciotto in mano. Io, con una sfacciataggine che ora non avrei e che ancora adesso mi disgusta (chissà che tale disgusto non abbia una grande importanza nella mia cura) gli dissi che m’era venuta la curiosità di contarne i bottoni. Mio padre rise delle mie disposizioni alla matematica o alla sartoria e non s’avvide che avevo le dita nel taschino del suo panciotto. A mio onore posso dire che bastò quel riso rivolto alla mia innocenza quand’essa non esisteva più, per impedirmi per sempre di rubare. Cioè... rubai ancora, ma senza saperlo. Mio padre lasciava per la casa dei sigari virginia fumati a mezzo, in bilico su tavoli e armadi. Io credevo fosse il suo modo di gettarli via e credevo anche di sapere che la nostra vecchia fantesca, Catina, li buttasse via. Andavo a fumarli di nascosto. Già all’atto d’impadronirmene venivo pervaso da un brivido di ribrezzo sapendo quale malessere m’avrebbero procurato. Poi li fumavo finché la mia fronte non si fosse coperta di sudori freddi e il mio stomaco si contorcesse. Non si dirà che nella mia infanzia io mancassi di energia.

Esercizi:

  1. trova il sinonimo delle seguenti parole:

parola
sinonomimo
propensione
trovarsi
invocare
demoralizzato
munito
sporco
sconfortato
nauseato
compromettente
faccia tosta
giacere
chiedere
sozzo
dotato
disgustato
pregiudiziale
sfacciataggine
inclinazione
contorcersi
piegarsi

2.
  1. Che tipo di sigarette fumava Zeno?
  2. Come si procurava le sigarette da giovane Zeno?
  3. Quale esperienza di furto racconta Zeno?