venerdì 14 agosto 2015

Digiuno fino alla morte, per guadagnarsi la pace eterna



Vaishali, antica città situata nello stato diBihar, dove nel 599 a.C. nacque Mahavira, il fondatore del giainismo.








Il digiuno, in varie forme, è una pratica diffusa in quasi tutte le religioni, ma in pochi casi arriva a livelli estremi come nel Santhara, un rituale del Giainismo: questo prevede infatti che chi effettua il rituale digiuni fino a morire di fame, in senso assolutamente letterale, e centinaia di persone muoiono ogni anno in India in questo modo.
Come si può immaginare, sono molte le polemiche attorno a questo antico rituale, e non manca chi vorrebbe che fosse dichiarato illegale. Ma i Giainisti insistono sul fatto che oltre ad essere un loro diritto è una strada necessaria per arrivare alla pace eterna, e finire il ciclo di reincarnazioni e di sofferenze terrene. Il Santhara consente di raggiungere questo scopo, attraverso l’autocontrollo, l’abbandono dei desideri e piaceri terreni, e nella forza della mente. La pratica infatti non è consentita a chi non è sano di mente o comunque non in condizioni di decidere per sé.
L’importanza del Santhara è talmente grande nel Giainismo che i nomi di chi annuncia di iniziare questo rituale vengono spesso pubblicati sui giornali, in modo che gli altri fedeli possano venire ad assistere agli ultimi momenti di vita della persona.
La maggior parte delle persone che praticano il Santhara sono anziani o malati: la pratica infatti sarebbe vietata a chi è sano ed ha obblighi di mantenimento della famiglia, anche se ci sarebbe anche una minoranza di persone “comuni” che mettono fine alla loro vita in questo modo.



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Domande:
Per quale motivi i giainisti praticano il digiuno?
Chi non può praticare il digiuno che porta alla morte?
Cosci qualche pratica religiosa simile a quella descritta?

giovedì 13 agosto 2015

Anna, Ida, Tilde e Paola, «minatrici di talento» tra le donne della mia vita


Gli insegnanti italiani vengono pagati in ricordi e stima, perché una retribuzione adeguata all’importanza del loro lavoro, in Italia, non riusciamo a dargliela. Anche la considerazione sociale – che non paga il mutuo, ma solleva lo spirito – non è quella d’un tempo. Questo posso dire, alle quattro donne della mia scuola: siete tra le donne della mia vita. Anna Mancastroppa, all’asilo Montessori. Ida Prola, maestra alle elementari di Borgo San Pietro. Tilde Chizzoli, professoressa di lettere alle medie Civerchio. Paola Cazzaniga Milani, insegnante di latino, greco, ironia e tolleranza al liceo classico Racchetti. Tutte diverse, tutte a Crema.
La signorina Mancastroppa avrà avuto vent’anni; ma era, per noi, una donna d’età indefinita, circondata da un’aureola di pazienza. Aveva il sorriso d’una santa minore, portava i cappelli alla Brigitte Bardot, indossava un grembiule accollato e c’insegnava le regole-base della convivenza (chiedi permesso, saluta, ringrazia, metti in ordine, aiuta i piccoli e lascia in pace i grandi). Il pomeriggio ci portava a giocare in giardino, tra la vite e i gelsi, dove trovavamo lombrichi pasciuti: li offrivamo come anelli alle bambine, che scappavano urlando. Primi riti di corteggiamento, che la signorina Anna osservava compiaciuta.
Ida Prola era la maestra. Una donna non più giovane, decisa, materna, compatta: una versione didattica di Angela Merkel, carrozzata Anni 60. Nessuno capiva dove finisse il nome e iniziasse il cognome: per noi era Idaprola. Tempi complicati, ricordo. Volevo stare a guardare Daniela, e mi costringevano a scrivere la «B» maiuscola; detestavo i punti esclamativi e mi obbligavano a simulare entusiasmo ortografico; rifiutavo la «à» come alternativa di «ha» (verbo avere), e nessuno mi ascoltava, quando sostenevo che avrebbe avuto vita breve. Ricordo quando Idaprola ordinò di disegnare l’inverno e io dipinsi l’inferno. Quando le dissi «il rosso è più allegro del bianco» sorrise, e questo non lo dimenticherò mai.
Matilde Chizzoli, detta Tilde, mi ha insegnato italiano e latino alle medie. Autorevole, miope, eretta, una messa in piega scultorea: una premonizione padana di Margaret Thatcher. In terza media mi affidò due ragazzi che rischiavano la bocciatura. «Il tuo voto sarà misurato sul loro voto, il tuo successo sul loro successo», annunciò in classe, incurante del mio sguardo angosciato. Aveva ragione lei; e ha cambiato la vita a tre persone. Grazie alla Chizzoli, ho imparato insegnando: anche un po’ dell’umiltà di cui avevo bisogno, venendo da una famiglia privilegiata. Ho passato tanti pomeriggi con quei due nuovi amici, Adriano e Maurizio. Loro mi hanno insegnato a giocare a calcio, a basket, a guidare un motorino 50cc e conoscere le ragazze; io gli ho spiegato un po’ d’inglese e Fogazzaro. Ci ho guadagnato, sono convinto.
Paola Cazzaniga Milani, fumatrice incallita, urlatrice occasionale, sguardo di fuoco e voce rauca: Patti Smith in cattedra, un vocabolario al posto della chitarra. I primi anni Settanta furono gli anni della prepotenza (e dopo la prepotenza, lo sappiamo, viene il piombo). La prof era fuggita da una Milano scolasticamente incattivita. A Crema eravamo contestatori artigianali e, tutto sommato, ragionevoli. Amavamo discutere e lei ci lasciava fare (politica, sesso o Sofocle, non importa). Il patto era: io rispetto voi ma voi rispettate me, e studiate latino e greco. L’abbiamo fatto. Ci è servito.
Gran donna, la Milani: una rockstar. La prova che la parola «insegnante» deriva da «in» e «signo»: chi sta in cattedra ha il compito, e l’onore, di lasciare un segno. La selezione è prerogativa dell’università. Alle elementari e alle medie – inferiori e superiori – bisogna scavare dentro i ragazzi, scovarne le inclinazioni, correggerne le debolezze. Gli insegnanti buoni lo sanno fare: sono infatti buoni insegnanti, minatori di talento e spacciatori d’entusiasmo. Gli insegnanti cattivi, quasi sempre, sono cattivi insegnanti. Pochi se ne ricordano, nessuno li ringrazia: la loro punizione è quella.

Esercizio 1.:
 Trasforma le seguenti frasi dal tempo attivo al passivo, usando essere e venire, quando possibile.
  1. Il governo ha cambiato la legge sul divorzio.
  2. Gli italiani mangiavano molta più pasta in passato.
  3. Marco non aveva ancora incontrato Isabella.
  4. I poliziotti hanno arrestato il colpevole.
  5. L’insegnante scrive un libro.
  6. I ragazzi leggono un romanzo.

Esercizio 2.:
Trova il contrario delle seguenti parole:
importanza _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
solleva _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ 
tolleranza _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
pazienza _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
minore _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
accollato _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
lascia in pace _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
pasciuti _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

Domande: hai degli insegnanti di cui ti ricordi in particolare? (per buoni o cattivi ricordi...). Racconta...